La Campania: cenni storici

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“La Campania: cenni storici”
a cura di Mariapia Statile

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La Campania settentrionale interna era separata a nord dal Sannio dalla catena del Matese e a nord-ovest dal Lazio dai monti Aurunci, ed era chiamata dai Romani Campania felix, cioè fortunata e indicava la pianura solcata dal fiume Volturno, resa straordinariamente fertile dall’azione dei vulcani Roccamonfina e Campi Flegrei e dalla mitezza del clima. Infatti, questa porzione di territorio campano, per secoli contribuì a soddisfare i fabbisogni alimentari di Roma e in seguito, insieme al grano pugliese, del Regno di Napoli.

Le condizioni favorevoli consentirono la nascita di numerosi insediamenti di etnie diverse. Dalla metà del II millennio a.C. la Campania fu abitata dagli Aurunci (o Ausonii) e dagli Osci.  Nell’VIII secolo a.C. sorsero sulle coste le prime colonie della Magna Grecia, tra le quali assunse una posizione di rilievo quella di Cuma, mentre le zone dell’interno erano occupate dagli Etruschi. A questi ultimi si deve la nascita di una struttura politica, costituita da una lega di dodici città e presieduta da Capua. La ricerca archeologica, con  l’esplorazione negli ultimi decenni di nove necropoli, soprattutto a Capua, ha notevolmente chiarito le più antiche fasi dello sviluppo culturale della regione. Le tombe infatti, mostrano chiaramente l’esistenza, a partire dagli inizi del IX secolo a.C., di un insediamento abitato da un popolo di cultura “villanoviana”, le cui attività economiche principali sembrano legate all’agricoltura. Accanto a questa, un ruolo notevole sembrano svolgere i traffici con i mercanti greci, che tra la fine del IX e gli inizi dell’VIII secolo a.C. si spingevano lungo le coste tirreniche alla ricerca dei metalli. Accanto ai signori etruschi coesisteva peraltro nella regione, relegato nelle campagne in posizione subordinata, l’elemento locale dell’antico ceppo opico, rinfoltito da massicce infiltrazioni di popolazioni sannitiche provenienti dalle montagne dell’interno. La sua consistenza dovette andare aumentando progressivamente nel corso del V secolo a.C. sì che per il 438-437 a.C. lo storico Diodoro ricorda che in quel tempo <<si formò il popolo dei Campani e prese questo nome dalla fertilità della pianura circostante>>, laddove con l’espressione “si formò il popolo” si deve intendere il momento conclusivo di istituzionalizzazione di un processo  certamente  più  antico e più complesso. La formazione del popolo campano nasceva evidentemente in antagonismo con la signoria etrusca, che di lì a qualche anno (423 a.C.) fu abbattuta dai Sanniti, i quali, nella loro espansione in pianura, dovettero probabilmente poter contare sull’appoggio dei Campani. I conflitti per il possesso di questa parte della Campania cominciarono allora; troppo importante, per motivi commerciali e militari, essa fu aspramente contesa nel corso dei secoli divenendo teatro di battaglie decisive e scontri finali per la conquista del Mezzogiorno. La fertilità della pianura campana e le sue potenzialità cerealicole ne facevano un importante obiettivo per Roma, tradizionalmente interessata alla regione per le sue necessità di approvvigionamento di grano. I Sanniti invasero la regione nella seconda metà del V secolo a.C. e la tennero fino a che i Romani non ne fecero un obiettivo della loro espansione. Dalle tre guerre sannitiche (343-290 a.C.) derivò l’occupazione della regione da parte di Roma, che fondò le colonie di Cales, Suessa, Pozzuoli, Literno e potè contare sulla loro fedeltà durante la seconda guerra punica. In quella circostanza solo Capua e pochi altri centri minori  si    allearono   con   Annibale,  contrariamente  a  quanto avvenne  nel   sud   d’Italia.   Al   tempo  dell’Impero,  la  regione raggiunse il massimo splendore: sulle coste e sulle isole i patrizi romani costruivano le loro dimore di villeggiatura. Le campagne producevano in abbondanza cereali, olio, agrumi e vini prelibati, come il noto Falerno. Secondo la divisione amministrativa operata da Augusto, insieme con il Lazio fece parte della Regio I, per acquisire in seguito autonomia di provincia ai tempi di Diocleziano.

Con l’occupazione longobarda del territorio di Benevento (570), la Campania perse la sua unità: parte del suo territorio fu acquisito dal Ducato di Benvenuto che accorpò le province di Capua e Salerno, mentre sul restante territorio si esercitava l’autorità dell’impero di Costantinopoli. Sulla costa, Amalfi acquisì prestigio con le attività marittime che ne fecero, tra il IX e il X secolo, uno dei principali centri commerciali nel Mediterraneo.

Il rimodellamento politico del territorio fu dovuto alla dominazione dei Normanni, giunti nell’anno 1030, quando ebbero in feudo la contea di Aversa, primo nucleo dei loro possedimenti nell’intera Italia meridionale. Sotto la monarchia normanno-sveva la Campania fu compresa nel Regno di Sicilia, e quindi divenne dominio prima degli Angioini e poi degli Aragonesi. Il successivo governo degli spagnoli (1503-1713), esercitato attraverso la figura di un viceré residente a Napoli, si articolò in un equilibrio di rapporti sociali tra gli organi di governo e le ampie autonomie di cui beneficiavano i grandi proprietari terrieri e i ceti borghesi della capitale.

Dopo la breve parentesi austriaca (1707-1734) la Campania fu conquistata dai Borbone di Spagna durante la guerra di successione polacca; il nuovo sovrano di Napoli Carlo di Borbone intraprese moderate riforme nel campo della fiscalità, della moneta, della giustizia, servendosi della collaborazione del potente ministro Bernardo Tanucci. Nella seconda metà del Settecento a Napoli, sede universitaria e una tra le principali città europee per numero di abitanti e attività mercantili, si organizzò un gruppo di intellettuali illuministi tra cui Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri, che per primi analizzarono le arretratezze della società meridionale e denunciarono i mali del sistema feudale, imperante nelle campagne. La breve esperienza della Repubblica Partenopea di Napoli (1799) fu contrassegnata da tentativi di smantellare le istituzioni dell’antico regime, così come fece di lì a poco Gioacchino Murat. Nominato da Napoleone re di Napoli, governò dal 1808 al 1815: a lui si deve l’inizio della legislazione antifeudale. Reintegrati i Borbone con il congresso di Vienna, non si spensero le idee di rinnovamento costituzionale e liberale, diffuse nelle società segrete, in particolare nella Carboneria. Da un’insurrezione nell’esercito presero origine i moti liberali del 1820, che portarono alla breve esperienza della monarchia costituzionale, interrotta l’anno successivo dall’esercito austriaco che ripristinò l’assolutismo. Napoli esercitò il ruolo di centro propulsore delle iniziative economiche dalla fine del Settecento, con le manifatture di San Leucio e, nell’Ottocento , con gli opifici tessili di Piedimonte d’Alife e con la diffusione delle ferrovie.

Una legge speciale approvata nel 1904 portò alla costruzione del polo siderurgico di Bagnoli, mentre nelle campagne giungeva contemporaneamente a termine la lunga opera di bonifica delle molte aree malariche, intrapresa due secoli prima. Tuttavia la regione si impoverì demograficamente per una massiccia emigrazione di forza-lavoro contadina, diretta principalmente all’estero. Durante la seconda guerra mondiale la Campania fu teatro di decisive operazioni militari, conseguenti allo sbarco degli Alleati a Salerno (10 settembre 1943) e alla successiva liberazione di Napoli, che insorse contro i tedeschi prima dell’arrivo degli angloamericani (Quattro giornate di Napoli, 28 settembre-1° ottobre).
Nel dopoguerra la Campania ha vissuto le potenzialità e i limiti delle politiche per il Mezzogiorno, caratterizzate da nuovi poli dell’industria pubblica ma altresì da intermediazioni partitiche che ne hanno minato l’efficacia complessiva.

 

Bibliografia:
AA.VV., La Campania Paese per Paese I, Firenze 1997.
J. Beloch, Storia e topografia della Napoli antica e dei Suoi dintorni, Napoli 1989.
G. Pugliese Carratelli, Storia e civiltà della Campania. L’evo antico, Napoli 1991.
F. Ruffo, La Campania antica: appunti di storia e di topografia, Napoli 2010.
G. Tocco Sciarelli, La Campania. L’attività della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta nel 1997, Atti del trentasettesimo Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto, 3-6 ottobre 1997), Taranto 1999, pp. 799-801.

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