Bright la notte dei ricercatori a cura di C. Pantani

Condividi su

“L’evento Bright a Pisa: vivere e comunicare l’archeologia in città”
Recensione a cura di Caterina Pantani
13/10/2017

L’EVENTO

La sesta edizione di “BRIGHT, la notte dei ricercatori”, evento che vede il coinvolgimento di tutti gli enti della ricerca del territorio pisano, si è ormai conclusa.  In vista di Bright è stata organizzata da Palazzo Blu, l’Università di Pisa, il Comune e la Soprintendenza una conferenza: “Aspettando Bright: archeologia in città”, a cui hanno partecipato in molti; dagli studenti e i professori di Archeologia ai semplici cittadini.

Nell’aula magna di Palazzo Blu, dopo i saluti istituzionali e i brevi discorsi del Sovrintendente Andrea Muzzi, del rettore Mancarella e del sindaco di Pisa Marco Filippeschi, gli archeologi Gualandi, Fabiani e Rizzitelli hanno illustrato i risultati degli scavi e della ricerca nel sito delle Terme di Nerone di Largo del Parlascio e della Sapienza, palazzo storico e sede della Facoltà di Giurisprudenza chiuso dal 2012 e in fase di restauro, dove sono stati fatti interessantissimi ritrovamenti. In questo evento è stata espressa una chiara volontà di cambiamento e di miglioramento di Pisa a livello storico-culturale. Due i progetti: 1) far riemergere la Pisa Romana e creando un’area archeologica e un polo museale per la valorizzazione e conservazione dei resti archeologici; 2) far conoscere e apprezzare a cittadini e turisti la Pisa antica, romana e medievale, da troppo tempo rimasta nell’ombra.

Un primo grande passo per la realizzazione di questo scopo è la creazione del Museo delle Navi, ancora in fase di costruzione; il progetto non prevede infatti la musealizzazione delle navi restaurate e dei reperti trovati durante lo scavo, ma anche una parte relativa alla Pisa antica[1].

Qual è il rapporto tra Pisa e l’archeologia? Un odi et amo, si potrebbe dire; Pisa infatti ha pochi scavi archeologici oltre alle cosiddette Terme di Nerone. Gli scavi in città sono molto difficili, in quanto Pisa si sviluppa interamente sui resti antichi.  Oltre a questa problematica, se ne aggiunge un’altra, più ampia, a livello nazionale, che può essere risolta nel tempo: l’Italia soffre della separazione tra scienze umane e scientifiche: anche l’archeologia, pur essendo la disciplina umanistica che si avvicina di più alla branca scientifica, saltando dal libro al laboratorio, dalla penna alla cazzuola, è limitata, perché parla a un gruppo limitato di persone, una élite; non parla alle masse, ma solo a se stessa, e questo è limitante.

In questa conferenza è risultata evidente la voglia di cambiare, in meglio, e di offrire un prodotto migliore a ogni tipologia di fruitore, dal ricercatore universitario al cittadino con istruzione media. Lo stesso sindaco ha sottolineato quanto siano di fondamentale importanza la divulgazione, l’informazione e la sensibilizzazione: comunicare, su diverse linee di frequenza, è la chiave. Non è un caso se i più recenti progetti museali abbiano creato più percorsi, più esperienze e didascalie per differenti tipologie di fruitori; tutti hanno il diritto di sapere e nessuno deve incontrare barriere.

L’evento è stata l’occasione per comunicare un progetto ambizioso: far diventare la zona di Pisa che comprende i bagni di Nerone, il camminamento delle mura medievali e il Bastione del Parlascio un’area “pregiata” e di importanza archeologica e culturale. Non è ammissibile che un resto archeologico come le Terme sia identificato dalle masse, per mancanza di informazione, come un mero spartitraffico. Le opzioni di valorizzazione sono tante: ad esempio l’utilizzo dei Bagni come una quinta spettacolare e l’incentivazione delle visite per i turisti, nonché il continuo degli scavi nella zona.

Il sovrintendente Andrea Muzzi ha sottolineato quanto le operazioni di archeologia pubblica non siano solo finalizzate alla ricerca scientifica e alla pubblicazione di articoli che verranno letti solo da esperti del settore; l’archeologia pubblica deve essere accessibile a tutti i cittadini, che hanno il diritto di capire e conoscere. L’obiettivo a cui tutti mirano è che “l’università inizi a parlare con la città e la città con l’università, togliendo muri e barriere”.

UN’ARCHEOLOGIA DI TUTTI E PER TUTTI

L’unione fa la forza. E la professoressa Gualandi lo sa bene, sottolineando la grande importanza della collaborazione di tre elementi: Sovrintendenza, Università e Comune (nel nostro caso, quello di Pisa). Gualandi non a caso ha citato gli articoli 2[2] e 12[3] della Convenzione di Faro, entrata in vigore il 1° Giugno 2011 e firmata da 21 dei 47 membri del Consiglio d’Europa: questa convenzione sottolinea il diritto di ogni individuo a conoscere e sfruttare l’eredità culturale, per svolgere un ruolo attivo nel riconoscimento di essa. Si è presa finalmente consapevolezza che sono proprio i cittadini con la loro partecipazione  e consapevolezza che accrescono, arricchiscono e solidificano il patrimonio culturale.

Le entità dell’università, della Sovrintendenza e del Comune si devono quindi omologare a questa convenzione e avere come imperativo la promozione e la divulgazione della cultura. L’archeologia e l’università, che da sempre si sono identificate nella didattica e nella ricerca, ora devono integrare anche un altro elemento: la comunicazione fuori, al di là del contesto accademico. Gualandi prosegue: “bisogna comunicare alla società civile, far beneficiare il cittadino comune, uscire dal chiuso dai convegni e dall’ élite. Questo è lo spirito di Bright”.

Ormai l’archeologia del futuro è proiettata sul virtuale, invade spazi nuovi; un palazzo storico riempito con resti archeologici non è più sufficiente. E’ doveroso utilizzare ogni metodo innovativo e tecnologico per riuscire nello scopo primario, quello di comunicare un minimo messaggio a ogni fruitore, di ogni età e livello di istruzione. Per aiutare i non esperti a percepire l’importanza  di ciò che resta, di quei ruderi o cocci di argilla, bisogna tentare di ricostruire e proiettare nella loro  mente il reperto per come era nell’antichità.  Ciò che lo scavo dà in frammenti deve essere raccontato, contestualizzato e ricostruito idealmente, far proiettare il fruitore nella vita del passato. Un valido e efficace esempio lo dà ormai da anni il museo archeologico di Cerveteri, che ha investito sulla creazione di teche tecnologiche che, oltre ad avere un video introduttivo esplicativo, non solo permettono di vedere il reperto, il pezzo di ceramica ritrovato sullo scavo; attraverso la realtà aumentata, con un semplice tocco del vetro (sistema touch on glass), è possibile vedere virtualmente il vaso interamente ricostruito. Ciò che per noi archeologi è un’operazione normale (ricostruire mentalmente l’intero vaso da un singolo frammento diagnostico), per un cittadino comune non lo è.

I museologi e archeologi devono però affrontare e sfondare anche altri tipi di barriere: molti sono i progetti per accogliere sordomuti, ciechi o ipovedenti. Ecco che abbiamo progetti multisensoriali come “Art for the blind” al museo dell’Ara Pacis, o “Museo in tutti i sensi” al museo archeologico di Populonia. Sensori, braille, percorsi audiovisivi, tecnologia virtuale: questo è il futuro.

IL PALAZZO DELLA SAPIENZA

All’evento è stato illustrato anche il progetto per il palazzo della Sapienza[4].  I risultati ottenuti dallo scavo, messo in atto durante i lavori di restauro arrivato in alcuni punti fino a 2,50 metri di profondità, sono merito del lavoro di squadra tra professionisti di varie discipline; chi studia e si occupa di stucchi, chi di intonaci, ossa, epigrafi, archivi, ricostruzioni 3d e così via.  L’area del palazzo della Sapienza era, in età medievale, un quartiere fittamente abitato. Il cortile del palazzo nel medioevo era la cosiddetta Piazza del Grano. Pur essendo poco lo spazio, gli archeologi hanno trovato buche di palo, pozzi, case-torri e strade più o meno grandi. Dalla Piazza del Grano, con Lorenzo il Magnifico abbiamo la costruzione della Sapienza. Oltre a ciò il quartiere aveva una chiesa vecchia di Santa Maria Vergine, rasa al suolo per avere più spazio per la piazza e posta nell’altra parte della strada. Grazie a delle ricostruzioni tridimensionali svolte da M.A.P.P.A, laboratorio grafico dell’università di Pisa, è stato possibile ricostruire quello che era il quartiere dove adesso sorge la Sapienza, in età medievale, basandosi sui resti delle case torri pisane e su antichi palazzi.

Il reperto più interessante e affascinante è un sarcofago strigilato[5] di età romana, lungo 120 cm, appartenuto a un bambino romano di nome (ce lo conserva l’iscrizione) Decimo Valerio Felice Iunior. Il corpo all’interno (un bambino tra i 10-12 anni) non è il suo; la vita del sarcofago infatti, è stato molto movimentata: il marmo venne riutilizzato in epoca medioevale come vasca o abbeveratoio e poi di nuovo lavorato e utilizzato come sarcofago. Il Sarcofago romano è già restaurato ed è pronto per essere esposto; ora è al Museo delle Navi di Pisa.

Tutti aspettano quindi con trepidazione la riapertura della storica sede universitaria, che dovrebbe essere accessibile entro la fine dell’anno. I reperti trovati durante lo scavo verranno esposti in 4-5 teche all’entrata, e un’altra teca ospiterà il reperto più prezioso, il sarcofago romano. Il palazzo sarà quindi diviso in due parti: in una parte ci sarà infatti la sede di Giurisprudenza, un’altra parte verrà adibita a piccolo museo archeologico.

LO SCAVO ALLE TERME DI NERONE

Le novità per quanto riguarda le terme di Nerone sono state illustrate dal professore Fabio Fabiani che, insieme alla professoressa Gualandi, ha diretto lo scavo.  Cosa sappiamo delle terme di Nerone? Con questo nome convenzionale si definisce l’unica edificio ancora visibile della Pisa di età romana, di datazione incerta, forse del II d.C. Da un’iscrizione frammentaria sappiamo che la famiglia dei Venuleii ristrutturò le terme. Sappiamo per certo, comunque, che doveva estendersi ben oltre l’area finora scavata.  La planimetria è stata ricostruita su base ipotetica (Fig.4) e l’edificio doveva avere almeno otto vani.

Lo scavo delle Terme è stato praticato in più aree distinte: non solo nell’area delle Terme, ma anche in due aree della Porta del Parlascio, che erano rimaste abbandonate da troppo tempo: una contigua all’area archeologica delle Terme e una proprio al Parlascio. Per la parte delle Terme romane sono stati riconosciuti i limiti degli anni 40 (gli ultimi scavi erano stati fatti tra il 1940 e il 1942 e poi ripresi e conclusi tra il 1947 e il 1949); gli archeologi sono scesi più in profondità; qui sono emerse le creste di muri romani e i piani pavimentali che sicuramente sono in relazione e in funzione con le terme.  Gli obiettivi di questo scavo sono stati:

  • completare la planimetria (anche se parzialmente ipotetica) e costruire un modello 3D;

Le vecchie planimetrie sono state digitalizzate e georeferenziate in ambiente GIS[6] nell’ambito del progetto Mappa (www.mappaproject.org), coordinato da M. Gualandi e utilizzate per creare un rilievo tridimensionale tramite fotogrammetria della ricostruzione (Fig. 4).

  • Recuperare, nelle aree mai scavate, le informazioni dell’età moderna e medievale sulle Terme che non sono più visibili a causa dei cattivi metodi con cui sono stati condotti gli scavi del Novecento, dove l’obiettivo era l’ottenimento di informazioni di età romana;
  • Scoprire cosa si cela sotto le Terme, negli strati più antichi.
  • Progetto di recupero della Porta del Parlascio e del Bastione Meridionale.

Lo scavo di quest’anno quindi (finanziato dal Comune con 40mila euro) è il primo passo verso qualcosa di più grande, verso un progetto di recupero e di valorizzazione non solo delle Terme, ma anche del Bastione del Parlascio, creando così un polo museale che da Largo del Parlascio arriva fino a San Zeno. Il comune sta lavorando per l’acquisizione dei terreni tra via San Zeno e le Mura, da privati o dall’Università, per poter avviare il progetto, che punta non solo alla conservazione e alla tutela, ma anche alla promozione del turismo archeologico. Il bastione stesso potrebbe essere non solo un ottimo contenuto, ma anche contenitore del passato: infatti gli addetti ai lavori hanno pensato al Bastione come luogo dove porre i reperti, creando così un museo proprio nel suo contesto originale, cosa estremamente rara, che renderà ancora più godibile l’esperienza della visita. Visita al sito archeologico, camminata sulle mura antiche e visita al museo: ecco che inizia a concretizzarsi nella nostra mente il progetto di valorizzazione della storia romana e medievale di Pisa.

Una cosa interessante è che lo scavo alle Terme quest’anno è stato uno scavo “aperto”; ogni venerdì pomeriggio il cantiere era aperto a visitatori: pisani e turisti hanno potuto far domande agli archeologi, dialogare con loro, seguire in diretta gli sviluppi di qualcosa di cui anche loro, più o meno consapevolmente, fanno parte. E’ così che si instaura un rapporto, togliendo le barriere e facendo conoscere l’archeologia, la storia, la cultura, in modo diverso, non soltanto entrando in un museo o in una biblioteca. I cittadini così immediatamente si sensibilizzano e hanno a cuore il progetto e la ricerca di quello che è anche il loro passato, di quelle che sono le loro radici.

La voglia di scavare la zona di San Zeno è fortissima: gli archeologi sanno bene che in quest’area ci sono importanti resti romani che aspettano solo di essere scoperti. L’esempio più eclatante è quello di un edificio per spettacoli a San Zeno; negli scavi del 1908 fatti nell’area emersero infatti delle strutture a cuneo che sembrano essere proprie di questa tipologia di struttura (Fig. 5, in nero). La presenza di un teatro o anfiteatro a 300 metri dalle terme sembra essere confermato dal toponimo “Parlascio”: infatti “il toponimo, di origine longobarda, attestato per la prima volta a Pisa nel 1104 nell’area delle terme di Nerone, era infatti utilizzato per indicare il luogo dove si svolgevano i combattimenti tra orsi” (GUALANDI 2012). Le indagini geomorfologiche hanno permesso di ricostruire la zona di San Zeno, che sembra essere separata dal centro abitato dall’ansa dell’Auser: una posizione è sicuramente più idonea per un anfiteatro, piuttosto che per un teatro. Sovrapponendo la carta paleogeografica alle strutture murarie trovate nel 1908, si nota non solo che l’anfiteatro si inserisce perfettamente negli assi della centuriazione, ma anche nell’ansa del fiume (Fig. 5). Insomma, portare alla luce la Pisa romana e restituirla ai suoi cittadini, sembra sempre più un progetto concreto e tangibile.

“Io sono un archeologo e dedico il mio tempo a cercare di raccogliere notizie sul comportamento di uomini morti da lungo tempo […] Tuttavia mi piace pensare che anche la conoscenza archeologica possa […] dimostrarsi utile alla società […], utile nell’aiutare a pensare in maniera più chiara e quindi ad agire in maniera più umana”.
(V. Gordon Childe, “Preistoria della Società Europea”, 1962)

 

Note:

[1] Pisa entrò nella sfera d’influenza romana dalla metà del III a.C. e diventò municipio nel I a.C., alla fine della guerra Sociale (89-90 a.C). Con Augusto, Pisa divenne la Colonia Opsequens Iulia Pisana e fu fatta la centuriazione.  Due erano i porti: uno alla foce di un ramo dell’Arno, a San Piero a Grado, che poi in età imperiale fu chiamato Portus Pisanus, e uno alla foce di uno dei rami del Serchio (Auser), all’Isola di Migliarino. Pisa era circondata da due fiumi, l’Arno e il Serchio e la vita della città  fu nettamente influenzata dal cambiamento dei corsi d’acqua nel tempo e dell’ambiente circostante. La Pisa di età Romana gravitava verso l’Auser, mentre poi con il Medioevo cambierà tendenza; si amplierà verso l’Arno fino a scavalcarlo, fino a raggiungere la configurazione che ha oggi. Vedi GUALANDI (2012).

[2] Articolo 2 – Definizioni Per gli scopi di questa Convenzione, a. l’eredità culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi; b. una comunità di eredità è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future. (Fonte:http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1492082511615_Convenzione_di_Faro.pdf).

[3] Articolo 12 – Accesso all’eredità culturale e partecipazione democratica Le Parti si impegnano a: a. incoraggiare ciascuno a partecipare: – al processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione dell’eredità culturale; – alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che l’eredità culturale rappresenta; b. prendere in considerazione il valore attribuito da ogni comunità patrimoniale all’eredità culturale in cui si identifica;  c. riconoscere il ruolo delle organizzazioni di volontariato, sia come partner nelle attività, sia come portatori di critica costruttiva nei confronti delle politiche per l’eredità culturale;  d. promuovere azioni per migliorare l’accesso all’eredità culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare. (Fonte:http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1492082511615_Convenzione_di_Faro.pdf).

[4] I lavori per il restauro e il consolidamento del Palazzo prevedevano anche scavi e indagini archeologiche prescritte dalla Sovrintendenza.

[5] “Decorato con strigilature. In archeologia e storia dell’arte, la strigilatura è una decorazione a scanalature ondulate che ricordano la forma dello strigile, scolpite sulla superficie dei marmi in serie parallela, come baccellature, frequente soprattutto su sarcofagi e vasi” (da Treccani: “strigilato”; “strigilatura”).

[6] “Il G.I.S. (Geographical Information System) o sistema informativo geografico è uno strumento che permette di analizzare, rappresentare, interrogare entità o eventi che si verificano sul territorio. Nella tecnologia presente all’interno dei software geografici si integrano alle comuni operazioni che si possono svolgere sui data base, quali ricerche, analisi statistiche, grafici, le funzionalità proprie di un G.I.S. come la memorizzazione di dati territoriali, il loro trattamento e soprattutto la loro rappresentazione sotto forma di cartogrammi o tabelle ritagliati su porzioni di territorio più o meno estese.  Tali capacità distinguono i sistemi geografici da qualsiasi altro sistema informatico consentendo agli utenti di avere uno strumento che consenta loro di visualizzare e analizzare le informazioni per spiegare eventi, pianificare strategie o progettare infrastrutture territoriali. Si può ad esempio localizzare qualsiasi oggetto presente sul terreno oppure si può studiare l’evoluzione del paesaggio agricolo o ancora studiare i percorsi dei fiumi attraverso il tempo. Per tutti i problemi che hanno una componente geografica il G.I.S permette di creare mappe, integrare informazioni, visualizzare scenari anche tridimensionalmente, risolvere complicati problemi di mobilità ed elaborare le soluzioni più efficaci.” (http://www.comune.ra.it/Aree-Tematiche/Ambiente-Territorio-e-Mobilita/Sistema-Informativo-Territoriale-SIT/Cos-e-un-GIS).

Bibliografia:
A. Campus, Il complesso delle Terme ‘di Nerone’ a Pisa, in SCO, 2016, pp.205-235
A. Campus, Le ‘Terme di Nerone’ a Pisa: restituzione volumetricae ricostruzione tridimensionale, in Ricerche di Storia dell’arte, 2015, pp. 116-117
M. Giorgio, Pisa. Palazzo La Sapienza: gli shovel test preliminari, in Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, 10/2014, Firenze 2015, pp. 316-318
M. Gualandi, Dai metodi alla storia: Pisa in età romana e tardoantica, MAPPA. Metodologie Applicate alla Predittività del Potenziale Archeologico, vol. 2., Roma 2012
F. Fabiani, Pisa. Palazzo La Sapienza: lettura geoarcheologica dei carotaggi, in Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, 10, (2014).

Sitografia di riferimento:
http://www.mappaproject.org/
www.archeomatica.it/Teche tecnologiche per il Museo Archeologico di Cerveteri
www.senzabarriere.info/art-for-the-blind-percorso-tattile-al-museo-dell-ara-pacis/

 

RIPRODUZIONE RISERVATA ©OsservArcheologiA

È consentito l'utilizzo dei contenuti previa indicazione della fonte

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

10/04/2024 @ 17:09
01/04/2024 @ 11:54
08/03/2024 @ 11:34
01/03/2024 @ 9:02
13/02/2024 @ 15:54
31/01/2024 @ 11:03