Ceramica greca: dal Protogeometrico al Protoattico

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“Ceramica greca: dal Protogeometrico al Protoattico”
a cura di Mariapia Statile

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La ceramica essendo indistruttibile era impiegata per produrre oggetti dagli svariati usi per questo motivo costituisce la fonte più cospicua e fondamentale per conoscere le civiltà del passato e, nel caso specifico della Grecia, ci restituisce quasi interamente l’immagine della pittura greca.
L’arte ceramica greca ha una storia il cui inizio risale al secondo millennio a.C. quando si cominciò a fabbricare i vasi mediante l’impiego del tornio, uno strumento che consentì la realizzazione di opere maggiormente raffinate.

Il repertorio figurativo della pittura vascolare cambia completamente nel X secolo a.C., quando cominciano ad essere utilizzati motivi “geometrici”: triangoli, rosette, linee ondulate e svastiche uguali nello spessore, cerchi e semicerchi rigorosamente tracciati con il compasso, mentre lo stile naturalistico tipico dell’arte cretese e micenea fatto di animali marini e piante, viene completamente ridotto al minimo come è visibile nell’Anfora del Ceramico (il quartiere di Atene con le botteghe artigiane): qui la figura del cavallo non solo è resa quasi come un simbolo attraverso la raffigurazione con zampe filiformi e il collo arcuato, ma è subordinata al resto della decorazione. Ci troviamo nel periodo cosiddetto Protogeometrico che inizia sullo scorcio dell’XI sviluppandosi per tutto il X secolo: una produzione fatta di vasi con pareti sottili, orlo spesso, piede espanso e pancia ampia, con una netta articolazione nelle vari parti compositive. Il vaso veniva studiato nella forma e per la superficie al fine di calcolare quanti motivi geometrici scelti potessero costituire la decorazione complessiva perfettamente aderente alla forma, la quale tende da globulare ad ovoidale con un progressivo snellimento.

Bisognerà attendere il Periodo Geometrico tra il IX e l’VIII secolo a.C. per la ricomparsa di un repertorio figurativo con la figura umana che inizialmente è raffigurata mediante una semplice silhouette successivamente arricchita da una linea di contorno e dettagli interni. Inoltre, le figure umane figuravano anche sulle anse mentre quelle animali, come prese per i coperchi. Per quanto concerne la tipologia, molti dei vasi del periodo geometrico erano di tipo funerario, dunque impiegati per contenere le ceneri dei defunti, oppure come doni votivi. La struttura del vaso è sempre più articolata, slanciata e armonica per forme di piccole dimensioni per arrivare alle grandi dimensioni come anfore e crateri usati come segnacolo per le tombe a cremazione: un monumento funerario dove sono visibili le capacità artistiche, l’abilità tecnica, il gusto raffinato dei ceramisti e dei ceramografi. Ma i vasi più importanti erano quelli dalle grandi dimensioni infatti, erano lavorati in parti separate che venivano unite solo dopo mediante argilla liquida. La forma dipendeva dal sesso della persona a cui il vaso era destinato, pertanto agli uomini spettava il cratere poiché dovevano mescere l’acqua e il vino per il banchetto, mentre alle donne andava l’anfora, dato che avevano il compito delle funzioni domestiche. La superficie esterna era ricoperta dalla decorazione disposta secondo ordini a riquadri o sovrapposti, con il frequente tema del defunto collocato sul feretro attorniato da cortei funebri insieme a scene di naufragi e battaglie marittime. La raffigurazione era di tipo bidimensionale senza alcuna distinzione dei piani prospettici.
Il Cratere attico geometrico figurato conservato al Metropolitan Museum di New York, è uno dei vasi più rappresentativi dell’eccellenza raggiunta dalla ceramica nell’VIII secolo a.C. Su di esso è raffigurato il defunto su letto funebre con ai lati la celebrazione rituale del lutto; a lato di una delle due anse è disegnato un uomo isolato, mentre il registro inferiore riporta scende della vita del defunto in chiave epica, un uomo potente avvezzo a tali imprese: c’è una nave che ha toccato terra poiché le vele sono ammainate e i rami alzati, l’equipaggio è in parte sceso e si appresta all’assalto.
Altra opera di questo tipo è l’Anfora dell’Officina del Dipylon che prende il nome dalla necropoli in prossimità della porta monumentale della città di Atene. Presenta anch’essa una scena funebre ma con figure in pose statiche che ‘si muovono’ compiendo lo stesso gesto ripetutamente.
Questa produzione denota una certa unità stilistica nonostante vi siano officine sparse in tutto il mondo greco, ovvero in Beozia, Attica, Corinto, Cicladi, Argolide, Cipro, ecc. ecc., che, a loro volta, presentano un proprio repertorio. Con l’aumento del contatti con la Siria, l’Egitto, la Fenicia e la Mesopotamia, la ceramica di stile geometrico subisce una svolta tra la fine dell’VIII e il VII secolo a.C. e comincia così a risentire gli influssi orientali.
La prima fabbrica che presentò per prima un proprio repertorio figurativo fu Corinto che, tra il 725 e il 700, creò lo stile Protocorinzio: vasi di piccole dimensioni quali alabastra, oinochòe e aryballoi dai temi storici e mitologici decorati con figure disegnate a silhouette o a contorno con l’uso di colori accesi come il rosso, oppure figure nere ritoccate con il bianco e/o il rosso. La ceramica protocorinzia si diffuse nei mercati esteri per poi subire un lento declino fino alla scomparsa intorno alla metà del VI secolo a.C. Un esempio del tardo corinzio è l’Olpe Chigi, un vaso di piccole dimensioni rinvenuto in una tomba nei pressi di Veio, la cui decorazione è articolata su più fregi e costituisce un sorta di campionario delle tecniche usate: il giudizio di Paride, scene di caccia al leone, opliti marcianti, cani che inseguono stambecchi e altre scene di caccia.
Inoltre, si delineano figure di decoratori con una spiccata creatività tra i quali abbiamo il Pittore di Bellerofonte, cosiddetto dalla raffigurazione di Bellerofonte su Pegaso che combatte una Chimera: un capolavoro che segna perfettamente il passaggio di tematiche da animali e vegetali a mitologiche che successivamente si arricchiranno di elementi militari.

Il lungo processo mediante il quale si verificò la rottura con il formulario della tradizione geometrica e la conseguente apertura agli influssi orientali comportò, a partire dalla fine dell’VIII secolo a.C., la diffusione della produzione Protoattica, così chiamata per indicare il risveglio dell’Attica come posizione egemone. Comincia la ricerca di forme e decorazioni nuove. Momento di grande splendore vi fu negli ultimi anni del VII secolo a.C. quando la gamma cromatica si ampliò e si affinò il gusto compositivo, i cui artisti di eccezionale talento furono il Pittore di Analatos, così chiamato per una Hydria rinvenuta dell’omonima località, attivo tra VIII e VII secolo a.C.; il Pittore di Polifemo per un’anfora rappresentante Ulisse in atto di accecare il Ciclope, attivo nel 660 circa; Aristonothos che formò un Cratere che aveva da un lato la raffigurazione di una battaglia navale con soldati e navi da guerra e dall’altro, l’accecamento di Polifemo da parte di Odisseo.

 

[Fonte immagini: M. Statile, “Ceramica greca. Dal Protogeometrico al Protoattico”, in Artesplorando 2017]

 

Glossario:
Alabastron (sing.) Alabastra (pl.): Termine greco indicante un contenitore di piccole dimensioni, con corpo allungato e collo molto stretto, così concepito perché i liquidi contenuti, solitamente oli e profumi, ne uscissero a gocce. Il materiale di cui è composto può spaziare dall’alabastro, al vetro, alla ceramica (Fonte: www.archeologia.beniculturali.it/
Anfora: contenitore con corpo panciuto e due anse (Pappalardo 2012, p.223).
Aryballos (sing) Aryballoi (pl.): piccolo vaso in ceramica di forma tondeggiante o a pera, con collo stretto e uno o due manici (“Dizionario di Archeologia”, in ARCHEO, Suppl. n.10/2001, s.v.).
Hydria: vaso con due anse orizzontali e una verticale, per attingere e trasportare l’acqua (Pappalardo 2012, p. 225).
Cratere: contenitore in bronzo o ceramica, utilizzato per mescolare acqua e vino allo scopo di diminuire il contenuto alcolico di quest’ultimo (Fonte: www.archeologia.beniculturali.it/)
Oinochoe: termine greco per un contenitore in ceramica o metallo, usato per versare il vino (Fonte: www.archeologia.beniculturali.it/)
Olpe: brocca greca dal corpo ovoidale allungato, con collo cilindrico e un unico manico; poteva essere usata come vaso per contenere olio e profumi, ma alcuni studiosi la considerano come una variante dell’oinochoe, destinata a servire il vino o altri liquidi (“Dizionario di Archeologia”, in ARCHEO, Suppl. n.10/2001, s.v.)
Necropoli: (“città dei morti”) In archeologia e paletnologia, raggruppamento di sepolture (Fonte: www.archeologia.beniculturali.it/)


Bibliografia:
E. Bairati, A. Finocchi, Arte in Italia. Lineamenti di storia e materiali di studio, Torino 2004.
G. Becatti, L’arte dell’età classica, Milano 2000.
C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Storia dell’Arte Italiana, Vol. 1, Verona 1995.
J. Charbonneaux, R. Martin, F. Villard, La Grecia arcaica, Milano 2000.
U. Pappalardo, Archeologia greca, Napoli 2012.

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