“Il culto della Luna nell’antico Egitto”
a cura di Lisa Antonelli
20/10/2020
Il culto lunare rappresenta una delle più importanti manifestazioni religiose dell’antico Egitto.
Nonostante il primato di cui godeva – come ben noto – l’astro diurno (il sole), che permeava lo spirito religioso dei suoi fedeli, guidati dalla sua maestà e dalla sua potenza, e che esercitava la sua influenza sulle divinità locali (le quali, qualunque fosse il loro carattere originario, si inserivano nel suo ciclo o acquisivano aspetti solari) la luna aveva un’importanza per così dire “complementare” rispetto al sole.
L’astro notturno ebbe infatti una forma di adorazione fin dall’Antico Regno (2575-2134 a.C.) e, così come la venerazione nei confronti del sole, essa comparve in Egitto già nei periodi più antichi: nei Testi delle Piramidi il defunto veniva identificato con la luna e divinità lunari come Thot e Khonsu apparvero già nel Medio Regno (2040-1640 a.C.).
Tuttavia la devozione nei confronti della luna è ancora poco attestata durante questi primi periodi[1] e le associazioni lunari non erano comuni: il suo sviluppo si attua a partire dal Secondo Periodo Intermedio (1640-1532 a.C.) e soprattutto nel Nuovo Regno (1550-1070 a.C.), quando l’onomastica, con la sua abbondanza di nomi lunari, testimonia il particolare favore di cui l’astro godeva[2].
Un vero e proprio clero lunare, assente nella documentazione anteriore al Nuovo Regno, è attestato a partire dalla XVIII dinastia (1550-1307 a.C.), sulla base di numerosi titoli[3], ed è sempre nel Nuovo Regno che appaiono testi di adorazione alla luna sulle pareti delle tombe e sulle stele private.
Durante l’età tolemaica (304-30 a.C.) sono attestate numerose scene lunari nei templi, in cui cortei di divinità sfilano verso il disco lunare.
In egiziano la luna è Jˁḥ (Iah)[4], e si tratta di un sostantivo maschile; essa veniva rappresentata simbolicamente anche attraverso la semplice combinazione del disco con il crescente lunare, che esprimeva la sintesi dei due aspetti principali dell’astro, vale a dire la fase crescente e la sua pienezza. Normalmente questo emblema era posto anche sul capo degli dei lunari.
Disco lunare e crescente possono essere raffigurati anche all’interno della barca sacra (molto frequente sulle stele – Fig. 1) a simboleggiare il tragitto che la luna compie durante il suo ciclo.
Mitologicamente – e specialmente in ambito templare – la luna veniva anche rappresentata sottoforma di occhio-udjat (wḏ3.t)[5], in quanto era considerata come l’occhio sinistro del dio Horus, parallelamente all’occhio destro identificato con il sole.
Alcuni toponimi testimoniano che in passato esistevano strutture adibite nello specifico alle pratiche devozionali nei confronti dell’astro lunare.
In un passaggio del Libro dei Morti è scritto: “ho fatto provviste per Thot nel Palazzo di Iah”. , , Ḥw.t-Jˁḥ[6] «Palazzo di Iah», è una denominazione applicata a Panopolis (la moderna Akhmim), località del 9° nomo dell’Alto Egitto[7] dove forse esisteva un tempio consacrato al dio luna Iah, oggi perduto. Il toponimo era menzionato già nei Testi dei Sarcofagi[8], a riconferma dell’esistenza di un culto di Iah già in epoche antiche.
Altri toponimi relativi alla luna sono s.t Jˁḥ «sede della luna», nome dato alla metropoli dell’oasi di ḏsḏs, l’attuale El–Dakhel[9], e pr Jˁḥ «Casa della luna»[10], mentre nel moderno Kom-Mad, chiamato dagli antichi “la città di Madi”, è attestata l’esistenza di un tempio della luna.
Per un popolo agricolo come gli antichi egiziani la base del calcolo del tempo era il mese (3bd – Abed), scandito dalle fasi della luna e indicato graficamente con il crescente lunare : era naturale dunque che la luna, elemento fondamentale della misura del tempo, venisse considerata come una potenza, come un essere superiore. Così come il sole venne identificato con un certo numero di divinità locali tra cui Atum, Horus e Amon, ma mantenne la sua individualità come Ra (dio solare per eccellenza), anche la luna, già in un’epoca molto antica, venne assimilata con varie divinità associate a santuari locali (tra le principali Thot, Khonsu, Osiride) senza per questo perdere la sua originaria specificità in quanto Iah, divinità che incarnava l’astro stesso (Fig. 2).
Un’ottima dissertazione sul ruolo che la luna gioca nel contesto religioso dell’antico Egitto è stata realizzata da P. Derchain[11], che ha preso in considerazione le tradizioni relative all’origine del culto lunare, il ciclo periodico dell’astro e le influenze che esso esercitava sulla vita sociale dell’antico Egitto, i miti e i culti lunari, i caratteri delle divinità lunari e il rapporto della luna con l’aldilà.
Bibliografia:
Brugsh, Dictionnaire géographique de l’ancienne Egypte, Libraire J.C. Hinrichs, 1879.
P. Derchain, La Lune. Mythes et rites, Editions du Seuil, Paris, 1962.
A. Erman, H. Grapow, Wörterbuch der ägyptischen Sprache, Berlino, Akademie-Verlag, 1926–1961 (abbr. Wb).
R.O. Faulkner, The ancient Egyptian Coffin Texts, Liverpool University Press, 2004.
F.R. Herbin, Hymne à la lune croissante, in BIFAO 82 (1982).
O. Marucchi, Catalogo del Museo Egizio Vaticano, Roma, 1902 SETHE K., Die Altaegyptischen Pyramidentexte, Leipzig, 1908-1910.
C. Vandersleyen, Les guerres d’Amosis fondateur de la XVIIIe dynastie, Fondation Egyptologique Reine Elisabeth, Brussels, 1971.
Glossario:
Testi delle Piramidi: gruppo di testi religiosi incisi sulle pareti delle stanze interne delle piramidi regali dell’Antico Regno.
Testi dei sarcofagi: formule funerarie e magico-religiose scritte principalmente su sarcofagi appartenenti al Primo Periodo Intermedio (2134 – 2040 a.C.) e la fine del Medio Regno (2040 – 1640 a.C.).
Nomo: termine che identifica un distretto del territorio dell’Antico Egitto.
Note:
[1] Il nome di Iah, la luna stessa e il dio associato ad essa, è sporadico durante l’Antico e il Medio Regno: esso compare nei Testi delle Piramidi (SETHE, Pyr., § 732 b; 1001 b; 1104 a) e nei Testi dei Sarcofagi (FAULKNER, The ancient Egyptian Coffin Texts, I, p. 64 (spell 93), 131 (spell 152) II, p. 112 (spell 474), p. 116 (spell 475).
[2] Uno studio dettagliato sull’onomastica e sulla frequenza di nomi lunari nella storia dell’antico Egitto è stato fatto da VANDERSLEYEN, Les guerres d’Amosis fondateur de la XVIIIe dynastie, pp. 205-228.
[3] I titoli del clero di Iah sono menzionati da HERBIN, Hymne à la lune croissante, in BIFAO 82 (1982), p. 237, nota 1.
[4] Wb. I, 42, 7.
[5] Nella lingua egiziana Jˁḥ «la luna» è un sostantivo maschile, mentre j3b.t «l’occhio lunare sinistro» è femminile.
[6] BRUGSCH, Dict. géogr., p. 11.
[7] A Dendera la figura di un re, che presenta un’offerta al dio Min, è accompagnato dalla legenda “io porto l’occhio (lunare) che risiede a Ḥw.t-Jˁḥ”.
[8] FAULKNER, The ancient Egyptian Coffin Texts, p. 116, spell 475.
[9] Anche in un bassorilievo del tempio di Tolomeo XIII a Athribis dell’Alto Egitto.
[10] MARUCCHI O., Catalogo del Museo Egizio Vaticano, Roma 1902, p. 185.
[11] DERCHAIN P., La Lune. Mythes et rites, Editions du Seuil, Paris 1962, pp. 19-67.
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